Come lavoriamo

Le persone sono competenti. Le comunità sono competenti. L’approccio che proponiamo parte da queste premesse, si basa sull’ascolto attivo – “se vuoi capire che cosa il tuo interlocutore sta dicendo, devi assumere che abbia ragione”  – sull’apprendimento reciproco, sull’esplorazione dei mondi possibili.

Si tratta di modalità di coinvolgimento degli individui e dei gruppi, di gestione delle relazioni, di stimolo alla creatività che consentono di attivare le risorse che possediamo, di generarne di nuove, e di metterle al servizio degli obiettivi fissati, individuando soluzioni e risposte innovative che prima non erano entrate nell’orizzonte del possibile.

Per farlo, possono essere utilizzate metodologie e strumenti diversi, messi a punto in decenni di pratiche a livello internazionale.
Di volta in volta, a partire dalle specifiche caratteristiche del progetto e dalle esigenze espresse, Ascolto Attivo propone le tecniche più adatte, modulandone l’uso nelle diverse fasi del processo, per garantirne l’efficacia. Ecco alcuni “ferri del mestiere”.

L’approccio del Confronto Creativo (Consensus Building), garantisce un senso di appartenenza basato sulla comune capacità di prendere decisioni che siano polifoniche, efficaci, nel rispetto e nel potenziamento delle identità multiple dei soggetti in causa. Attraverso successivi incontri, Tavoli di Confronto Creativo, si lavora alla costruzione di terreni comuni, attraverso l’esplorazione congiunta di nuove possibilità; tutti i partecipanti sono coinvolti nel gestire il dissenso in un quadro polifonico.

Laboratorio creativo ideato da Harrison Owen, antropologo, permette ai partecipanti di esplorare liberamente proposte e idee. 
È uno strumento di apprendimento reciproco che facilita la condivisione di informazioni, conoscenze, esperienze all’interno di gruppi e comunità. È un ottimo punto di partenza per un lavoro di progettazione partecipata quando occorre un confronto su questioni complesse e dove non esiste una soluzione univoca e serve invece la possibilità di un’elaborazione “fuori dagli schemi”.
 L’OST è oggi una tecnica molto diffusa e praticata anche in ambienti istituzionali e aziendali. In Italia, l’OST è stato introdotto da Gerardo de  Luzenberger.

 

Questo tipo di laboratorio consente di sviluppare una riflessione condivisa a partire dall’analisi del presente, delle tendenze in atto, del futuro possibile e infine del futuro desiderato. In questo modo, la Future Search Conference favorisce la maturazione di una consapevolezza a livello di gruppo degli obiettivi condivisi e l’identificazione di strategie adeguate a favorire il concretizzarsi del futuro che si desidera. L’ideale per ragionare su vision e mission.

La versione più attuale è l’Electronic Town Meeting. Questo strumento di confronto deliberativo coniuga la discussione per piccoli gruppi dal vivo con l’elettronica, e permette una gestione fluida e tempestiva delle informazioni. I partecipanti, seduti in piccoli gruppi, sono aiutati a discutere da un facilitatore. Ogni tavolo ha un computer collegato in rete con gli altri, grazie al quale vengono inviati i commenti dei gruppi ad una regia centrale, che li sintetizza e li presenta all’intera sala. Inoltre, grazie alla tecnologia, è possibile esprimere le preferenze individuali, con un sistema di televoto elettronico, che permette ai partecipanti di rispondere alle domande che vengono proiettate sui maxischermi. In seguito viene elaborato un instant report, contenente tutti gli esiti dei lavori e delle votazioni.

La charrette è una metodologia di coprogettazione basata sul lavoro di gruppo che coinvolge cittadini, esperti, tecnici, nell’elaborazione di un progetto attraverso documenti visivi e plastici. La Charrette è uno strumento ideale nei percorsi che prevedono la riqualificazione di aree o edifici dismessi perché consente di dare forma concreta alle ipotesi di lavoro. Attraverso diversi tavoli aperti, cittadini, tecnici ed esperti si confrontano ed elaborano diverse visioni, attraverso processo di mutuo apprendimento e condivisione di saperi tecnici codificati e di esperienze dirette del territorio.

La mediazione creativa dei conflitti si avvia con la condivisione dei principi che regoleranno i successivi incontri. L’elemento cardine è il reciproco riconoscimento dei diversi punti di vista, anche attraverso giochi di ruolo che consentono di calarsi nel punto di vista dell’altro; questo elemento mette in luce i punti in comune e consente di passare dalle posizioni agli interessi.
Possiamo riassumere lo sviluppo di una mediazione creativa dei conflitti in otto passi: 1. preparare lo spazio e dare il benvenuto; 2. presentare le regole e verificarne il consenso; 3. ascolto dei punti di vista del conflitto e parafrasi; 4. role playing, 5. Restituzione dell’esperienza, passaggio dalle posizioni agli interessi generali; 6. ideazione di soluzioni alternative (brain-storming); 7. costruzione di una soluzione; 8. stesura dell’accordo e congratulazioni.

Ideato da Tony Gibson, il Planning for Real è una tecnica utilizzata per condurre un processo di progettazione urbana partecipata. Come per la Charrette, cittadini ed esperti lavorano insieme, mescolando i loro saperi sul territorio. Il PfR gioca su un oggetto concreto: il plastico di un’area oggetto di intervento e riqualificazione. Il Planning for Real prevede 5 fasi: realizzazione del plastico (possibilmente con il contributo dei cittadini), comunicazione, ipotesi di intervento, negoziazione e scelta delle priorità, analisi finale e adozione del modello.
Il plastico viene messo in mostra in luoghi molto frequentati. Attraverso una serie di oggetti mobili – figurine, bandierine – si evidenzieranno le aree su cui si prevede di intervenire, e le diverse opzioni possibili. Giocando con questi elementi, i cittadini potranno indicare quali interventi sono necessari e cosa dovrà essere realizzato. È inoltre possibile indicare livelli di urgenza e priorità.
Il PfR consente di maturare una consapevolezza della pluralità di usi, di agenti e di utenti che contraddistinguono le città contemporanee.

Introdotto per la prima volta a Porto Alegre, il Bilancio Partecipativo è uno strumento ad uso delle amministrazioni pubbliche per definire insieme ai cittadini come utilizzare una parte del Bilancio dell’amministrazione.
Attraverso una serie di iniziative di ascolto, di coprogettazione, di confronto con i tecnici e gli esperti dell’amministrazione vengono elaborate alcune proposte di intervento che sono poi sottoposte al voto dei cittadini stessi.
Il Bilancio partecipativo è ormai adottato in molte amministrazioni, anche di medie dimensioni, sia in Italia, sia a livello internazionale.

La facilitazione visuale è una modalità di graphic recording. Durante un convegno, una mediazione, una riunione di lavoro, un incontro della progettazione partecipata, il facilitatore visuale registra su grandi fogli, attraverso disegni, scritte, icone, lo storyboard dell’evento.
La facilitazione visuale consente di condividere “gli appunti” su quanto è avvenuto, garantendo basi comuni di riflessione e favorendo la definizione delle fasi successive di lavoro.

Nato in Francia a metà degli anni Novanta, il Débat Public è uno strumento per favorire il confronto e il dialogo tra imprese che intendono realizzare progetti industriali, infrastrutturali e il territorio in cui si prevede che questo progetto venga realizzato. La legge francese prevede l’obbligatorietà del DP oltre una certa soglia di investimento, e per alcuni temi particolarmente sensibili.
Di volta in volta, la Commissione Nazionale DP, ente indipendente e terzo, convoca una Commissione Particolare che si occupa del singolo progetto, e un responsabile che dovrà curare un percorso di informazione, approfondimento e confronto tra cittadini, istituzioni e impresa.
Il percorso ha una scadenza fissata a priori al termine della quale, il responsabile consegnerà alle parti un documento che sintetizzerà quanto emerso durante il confronto; l’impresa dovrà, in un lasso di tempo dato, comunicare cosa intende recepire delle osservazioni fatte dai cittadini, se e come cambierà il progetto.

Il World Café viene utilizzato per confrontarsi intorno a un tema, una domanda che sta a cuore a chi partecipa. Le discussioni avvengono in piccoli gruppi e sono suddivise in sessioni (almeno 3) con una durata breve (20 – 30 minuti circa). Per ciascun gruppo viene individuato un referente. Ai tavoli, i partecipanti hanno a disposizione tovagliette e altri materiali per poter annotare le loro considerazioni. Il principio di base è quello della Cross Pollination, cioè della circolazione delle idee. Al termine di ciascuna sessione di discussione, infatti, il referente resta al tavolo del suo gruppo, gli altri partecipanti, invece, vanno a sedersi in altri gruppi: in questo modo la circolazione dei pensieri e idee, tra tutti i partecipanti è garantita, insieme alla possibilità per tutti di esprimersi nei gruppi piccoli e di percepire la ricchezza e la varietà dei contributi.  Dopo un paio di round, ci si avvia verso un momento di plenaria.