Dagli impianti industriali alle infrastrutture viarie, dai parchi eolici alle biomasse, in Italia, le opere, di piccole, medie e grandi dimensioni, oggetto di contestazione sono moltissime. Secondo le stime dell’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, gli impianti la cui realizzazione è bloccata nel 2015 sono stati 355.
Le ragioni sono certamente molte, ma centrale, tra queste, è la mancanza di un’occasione di confronto reale, approfondito e tempestivo, tra imprese, cittadini, istituzioni, che consenta di condividere una riflessione seria sulle ragioni del progetto.
Una situazione che si trascina da anni: un intervento legislativo in merito, che aprisse questo spiraglio di dialogo, era ormai urgente. Per anni, si è invocata l’introduzione di quello che è ritenuto, a livello internazionale, lo strumento principe per un confronto trasparente tra le parti in queste situazioni, cioè il Débat Public francese, e per anni, in parlamento, diversi disegni di legge che ne proponevano l’istituzione sono rimasti fermi.
Finché, finalmente, nella primavera scorsa, all’interno del testo di riforma del Codice degli Appalti, viene introdotto proprio il Dibattito Pubblico. Un passo molto importante, che dichiara una volontà precisa, ma la sostanza di questo stumento resta ancora tutta da definire e viene rimandata a futuri decreti attuativi. Come potrebbe essere dunque questo Dibattito Pubblico all’italiana? E quali obiettivi dovrebbe porsi?
Per cercare di farcene un’idea, cominciamo a vedere come funziona l’originale, il modello francese. La struttura di base è semplice: il soggetto che vuole realizzare un’opera su un territorio deve informare in maniera dettagliata la comunità che ci vive, confrontandosi in maniera trasparente sul merito del progetto; deve produrre del materiale informativo scritto in un linguaggio accessibile e renderlo facilmente disponibile; deve partecipare a una serie di incontri pubblici, adeguatamente pubblicizzati, in cui ascolta critiche, problemi, domande, suggerimenti, ecc., rispondendo in maniera puntale; infine, al termine del confronto, a partire da un testo finale che raccoglie l’insieme delle osservazioni, redatto dal Responsabile del processo, che ne ha curato l’organizzazione, deve dichiarare se e come terrà in considerazione gli elementi emersi.
Il Débat Public ha alcuni evidenti elementi di forza: innanzitutto è coordinato da un’autorità, la Commissione Nazionale Dibattito Pubblico, terza e indipendente rispetto a tutte le parti, garante della qualità e della serietà del processo; avviene in una fase in cui il progetto può accogliere delle modifiche anche sostanziali; si svolge in un arco di tempo chiaramente definito, con modalità e responsabilità altrettanto chiaramente definite; è finanziato anche dal proponente. L’ultima caratteristica fondamentale del DP è che il proponente l’opera è obbligato a rendere noto al termine del processo se e come terrà in considerazione quanto emerso dal confronto con il territorio, se e come intende modificare il progetto originale, ma non è obbligato a farlo.
Per ragionare su come applicare il DP in Italia, in un contesto molto diverso da quello francese, il modo migliore resta quello empirico: occorre sperimentare e sviluppare parallelamente riflessioni accurate. Ed è un po’ questo quello che si cerca di fare. In Toscana, proprio in questi giorni si sta concludendo il primo Dibattito Pubblico regionale, che ha per oggetto la riqualificazione del porto di Livorno. Protagonisti, oltre ai livornesi, l’Autorità per la Partecipazione della Regione Toscana e l’Autorità Portuale, il cui piano di rilancio del porto prevede la realizzazione di una nuova stazione marittima e la costruzione di nuove banchine, verso mare, che consentano l’attracco anche a navi di grande tonnellaggio, sempre più comuni.
Di tutto questo, si parlerà al Festival della Partecipazione a L’Aquila, dove domani, 8 luglio, è previsto sia un Tavolo scientifico sul Dibattito Pubblico, con gli esperti nazionali e internazionali, sia un incontro pubblico con i cittadini.
Questo articolo è uscito su vita.it il 7 luglio 2016